La duchessa Maria Luigia e l’anima gastronomica di Parma
di Luca Bonacini
Difficile separare Parma, da Maria Luigia d’Asburgo altresì nota come duchessa di Parma, Piacenza, Guastalla e moglie di Napoleone Bonaparte.
Giunta a Colorno il 19 aprile 1816 ed entrata con tutti gli onori a Parma il giorno seguente, vi rimarrà tranne qualche breve parentesi, fino alla sua morte nel 1847 rimanendo nel cuore dei parmigiani, che a distanza di oltre due secoli la ricordano come una sovrana che ha voluto bene alla città come pochi altri, dimostrandosi attenta e munifica verso la capitale del ducato che l’aveva accolta.
Una presenza discreta ma assidua anche oggi attraverso innumerevoli manifestazioni di affetto che i pronipoti dei suoi sudditi continuano a tributarle dedicandole strade, musei, collegi, profumi, linee di cosmetici, ma anche piatti, torte e addirittura gelati, in una sorta di affettuosa riconoscenza che non sembra affievolirsi e si dice abbia influito anche sullo stile e sull’eleganza dei Parmigiani in particolare delle donne.
C’è molto da scoprire in città e in provincia, per chi vuole rivivere i fasti dell’avvenente duchessa, attraverso i luoghi a lei preferiti.
Se purtroppo non rimane nulla del Palazzo dove viveva di fronte alla Pilotta in piazza della Pace, collassato in seguito ai bombardamenti della seconda guerra mondiale, su strada Garibaldi si può ammirare il Palazzo della Riserva, colorato del giallo che impose la duchessa a molti edifici storici della città, un elegante dimora nobiliare che ospita il Museo Glauco Lombardi, dedicato al periodo di regno dell’aristocratica.
Poi il vicino Teatro Regio, fatto erigere da Maria Luigia e inaugurato nel 1829, un palco leggendario, dove si esibirono Maria Callas, Mario del Monaco, Luciano Pavarotti e si alternarono direttori del calibro di Claudio Abbado, Corrado Muti, Zubin Metha.
La duchessa non si sottrarrà mai dal suo ruolo di sovrana benevola, dedicandosi ad opere edili, come la costruzione dei ponti sul Taro e sul Trebbia, piantumando di specie rare il parco ducale e il giardino di Colorno, istituendo una scuola di canto per orfani, riaprendo il Collegio dei Nobili, fondato dai Farnese oltre due secoli prima, edificando il Cimitero Monumentale della Villetta, iniziato per volere della Duchessa nel 1819, dove saranno tumulati Niccolò Paganini, il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, Pietro Barilla e Paola Borboni.
La duchessa darà vita anche fuori città a luoghi degni della sua stirpe nobiliare, come la Reggia di Colorno, che oggi ospita le attività culinarie di Alma, la scuola internazionale di cucina fondata da Gualtiero Marchesi, ma anche il Casino dei Boschi e la Villa del Ferlaro, nell’oasi incontaminata dei Boschi di Carrega.
Una figura elegante e fiera, che rimane viva nel cuore dei parmigiani e invita a visitare la città emiliana, scoprendo il suo centro storico ordinato e ben tenuto, attraverso chiese, monumenti, musei, il Museo Archeologico Nazionale di Parma, la Biblioteca Palatina, il Museo Bodoniano, il Teatro Farnese, la Galleria Nazionale di Parma, ma anche lasciandosi guidare dalla sua gastronomia, un vero e proprio punto d’onore per Parma, eletta nel 2015 città creativa per la gastronomia dall'UNESCO.
Non c’è che l’imbarazzo della scelta per scoprire la tavola parmigiana, in una città così affascinante e con una tradizione culinaria così antica.
In un rione della vecchia Parma, siamo attratti dal bistrot Anima di Parma in via Carlo Pisacane, a pochi passi dal Duomo e dal Battistero, quello che cercavamo, una tappa gastronomica accogliente e senza troppi formalismi, dove sia possibile farsi un’idea delle specialità locali e della cucina.
Gli ambienti si dividono equamente fra una fornita salumeria, un bistrot con un elegante banco bar, vetrine, boiseries e una scala che conduce alla saletta al piano superiore, mentre all’esterno c’è un dehor ampio e curato.
Al timone Guido Zambelli insieme alla moglie Roberta e alla figlia Nicole, quarta generazione di una consolidata dinastia di fornai e pasticceri, che fino al 2018 guidava la storica pasticceria San Biagio in Strada Garibaldi, da decenni considerato blasonato punto di riferimento della pasticceria parmigiana.
Traslata e ripensata la sede, rivista la filosofia che oggi è più moderna e trendy, ‘Anima di Parma’ offre una sosta qualificata per tutti momenti della giornata, con alcune interessanti eccellenze, ma senza rinunciare alla qualità super della pasticceria, senz'altro uno dei validi motivi per entrare.
Tutto nasce con il nonno fornaio e pasticcere nel laboratorio e negozio di Cividale mantovano, a cui collaborerà anche il papà di Guido per poi cambiare settore a 35 anni diventando salumiere.
Toccherà a Guido e a suo fratello continuare nella professione di famiglia con l’apertura di un bar pasticceria a San Secondo (Parma) nell’82, che gestiranno per circa dieci anni, prima di cogliere una nuova sfida, trasferirsi a Parma in Strada Garibaldi e rilevare la pasticceria San Biagio.
E’ un’insegna storica e ci sono nuove dinamiche, la clientela parmigiana è esigente e ti premia, ma vuole vederti nel lungo periodo.
Sarà una lunga gestione costellata di successi e riconoscimenti tra cui l’aver vinto più volte la classifica del miglior cannoncino della città, l’ingresso nella guida pasticcerie del Gambero Rosso con punteggi lusinghieri, insieme a sole altre tre insegne di Parma e l’essere diventati nel corso degli anni fornitori dell’Eliseo in Francia, con particolari selezioni di pasticceria.
Un percorso che si interrompe nel 2018, per ripartire lo stesso anno con una nuova insegna: ‘Anima di Parma’.
“In questo nuovo progetto – racconta Guido Zambelli – abbiamo dedicato molto tempo ed energie alla selezione dei prodotti, facendo scelte radicali, senza privilegiare amicizie consolidate in luogo di produttori virtuosi, di volta in volta scegliendo prodotti ecosostenibili, slow food e bio, evitando il più possibile la plastica, a partire dall’acqua minerale che vendiamo solo in vetro, ricercando vini biologici e biodinamici prevalentemente locali, fino al Parmigiano Reggiano di un’azienda che lavora con latte di vacca Bruna, certificato no Ogm (sono solo 4 quelle certificate), che ha anche il riconoscimento Ape, un’attestazione di merito attribuita solo a quei territori dove prosperano le api in totale assenza di inquinamento”.
Da una parte un grande banco salumeria con pregiate selezioni di salumi al taglio, culatello, prosciutto crudo Sant’Ilario 34 mesi, fiocchetto, la rara spalla cruda di Palasone, coppe, salami, spalla di San Secondo, ma anche confetture, formaggi, olio di oliva extravergine, aceti, giardiniere di verdure, al centro un banco di pasticceria con proposte classiche, senza glutine, vegan e a lato la caffetteria, con miscele di sola arabica 100% e pregiate selezioni di te in foglia, accolgono l’ospite insieme ad accattivanti vetrine ricche di ogni ben di Dio che riportano ai giorni di Natale, tanto sono assortite e ricche di eccellenze.
La carta non delude, ospita taglieri di formaggi e salumi, con degustazioni verticali di Parmigiano Reggiano tre stagionature 24/30/36 mesi del Caseificio San Bernardino, in abbinamento a miele di Borgotaro al tarassaco e acacia o composte biologiche dell’azienda Querciola di ciliegie senza zucchero; primi piatti saporiti ispirati alla tradizione, come i deliziosi tortelli di patate saltati con spalla cruda; tortelli di erbette alla parmigiana; tortelli di zucca; risotto alla Giuseppe Verdi con asparagi a rondelle, funghi porcini, culatello alla julienne aggiunti in mantecatura, ma anche una sfiziosa insalateria sempre a base di prodotti local. L’offerta si completa con un assortimento davvero ampio di alta pasticceria, in osservanza alla tradizione pastry dei Zambelli, con i pluripremiati cannoncini, preparati con una ricetta che ha oltre mezzo secolo a base di 100% burro, i croissant farciti al momento e un interessante assortimento di torte, tra cui la ‘Bianca’, a base di cioccolato bianco, cremoso alla vaniglia bourbon, coulis di fragole, crema leggera e pan di Spagna tipo Sacher al cioccolato; l‘Amaranta’, una mousse al caramello, con cremoso alla mandorla, vaniglia bourbon, coulis di mandarino, cioccolato al latte fava tonka; la ‘duchessa di Parma’ (intitolata a Maria Luigia), rileggendo la versione classica che prevede tre strati di biscotto tipo Bacio di dama, farciti al cioccolato e zabaione, zucchero a velo e ciliegie, rivisitata con coulis di pistacchio al posto dello zabaione, anche in versione monoporzione; senza dimenticare la Sbrisolona, la Zuppa inglese, la Ungherese, la Noisette, la crostata ai frutti di bosco.
Un capitolo a parte meritano i grandi lievitati, di straordinaria fragranza e morbidezza, con il panettone, la colomba, il Dolce Parma (identico al panettone) e il Ciliegiotto, farcito con amarene semi candite e una bagna rossa, invece che con le albicocche, entrambi disponibili 12 mesi all’anno.